Noi poeti

Noi poeti
un nastro bianco intermittente sull’asfalto
silenzio e tre di notte
serrande chiuse nel borgo di Nettuno.

Noi poeti
non di professione
poveri in un mondo che non ci appartiene;
noi
che imbocchiamo un vicolo secondario
stretto
meno vissuto
meno apprezzato.

Noi poeti che non ci incantiamo davanti a fuochi d’artificio
bensì osserviamo visi scolpiti della gente.

Noi
che traballiamo con vodka in mano
oziando
su gradini sporchi
osservando sandali di donne.

Noi poeti
ebbri di concetti
noi poeti che ci annusiamo
che ironizziamo
che assassiniamo neuroni
che ci sbronziamo per stordire ogni nostra cognizione.

Noi poeti
che contiamo i passi
che osserviamo granuli di sabbia prima delle onde
noi poeti che nuotiamo a riva e camminiamo a largo.

Noi
che ci allontaniamo dall’egocentrismo
che ricerchiamo l’assolutismo;
noi che non abbiamo natura
ma ci riconosciamo in ogni cosa.

Noi poeti che impazziamo per un dipinto
(se acquerello variopinto),
noi poeti che camminiamo con una biro in tasca
un piccolo quaderno
e con pantaloni imbrattati d’inchiostro nero.

Noi poeti che viaggiamo
romanzi persi sui sedili posteriori.

Noi
che manchiamo sempre strada
oltrepassiamo incroci
arrischiamo inversioni,
non badiamo a indicazioni
poiché distratti tra versi di poesie.

Noi poeti a piedi nudi
le cuciture delle scarpe ci tormentano;
noi che sapevamo sognare
noi che sappiamo piangere
che sappiamo ancora ascoltare.

L’abbiamo richiesto noi questo talento?

Ci hanno commissionato emozioni affinché potessimo scriverle.
E gradualmente ogni restante inquietudine
malinconie
solitudini
affanni.

Noi poeti che non saremmo mai soddisfatti.
Noi poeti inutili
noi poeti soli.

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Coniugazioni verbali

Quello sarebbe stato l’unico modo e l’unico tempo.

Niente imperfetto, che già contiene l’errore nel nome.

Non voleva il vincolo di un condizionale o l’ipotesi di un congiuntivo ormai in disuso.

Aveva vietato trapassato remoto e passato prossimo con le loro commemorazioni e i loro rimpianti, bandito l’ansia di un futuro fatto per costruire e l’uso dispotico dell’imperativo.

–La baciò all’indicativo presente, come se dovesse durare per sempre, e quel bacio le restò dentro per l’eternità. –

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Va bene così…

Va bene così… ma mi cade una lacrima.
Va bene così… ma fisso il vuoto.

Va bene così… ma penso:
– dove siamo? –

Va bene così… ma ho un po’ paura.
Va bene così… va bene così…

Va bene così… ma vorresti baciarmi.
Va bene così… ma vorresti svestirti.
Va bene così… ma vorresti ancora amarmi.

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…ma va bene così.

Equilibristi

E’ un crocevia di sensi

questo equilibrio costante

di sentimento e sensualità.

Il tenerti sul mio petto

compiacerti tra le leghe dei tuoi capelli mossi

questi cuori che sussultano

anche dentro corpi distesi in ozio.

L’essere avvinghiato tra le tue gambe

e sentirne il calore, il liquido di desiderio

questi cuori che non reggono d’emozione

Questi occhi chiusi nell’amplesso.

E unirsi lasciandosi dominare dagli istinti

quando ti afferro per i capelli

e mi senti ovunque

quando vuoi che sia tuo

e non mi lasci respiro per tornare ad essere mio.

Sfiorarsi

Sono forse medesime le sensazioni, le mie e le tue.

Una luce bluette illumina la pace.

Un leggero vento, di un temporale eluso, soffia sui tuoi capelli quieti.

La folla accresce ogni possibile disillusione.

Su una nota provo ad inseguire con lo sguardo le tue sfumature.

Ricerco una logica a questo desiderio sconfinato, ma senza riuscire a comprenderla.

Sento la presenza della tua anima ancora più forte ora che sei a pochi passi da me.

Le nostre anime quasi si sfiorano… le nostre anime si circoscrivono nella piazza…

forse loro hanno avuto la possibilità di accarezzarsi…

di sentirsi, di stringersi…. di perdersi…